Presidente, rappresentante del Governo, sottosegretario, colleghi, come già ricordato, abbiamo oggi la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 132 del 2014, che reca nella rubrica – lo leggo a memoria mia, ma perché vorrei partire proprio da questo dato e da questo presupposto – «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile».
Ora, da più parti, sia in quest'Aula sia durante la discussione che si è avuta nell'altro ramo del Parlamento e brevemente in Commissione giustizia ma, ribadisco, anche questa mattina, ho sentito colleghi, che sono intervenuti prima di me, parlare di «bluff», di «pannicello caldo», di misura che non servirà a nulla, perché si tratta di volere curare, con mezzi assolutamente insufficienti, una situazione di patologia piuttosto rilevante.
Colleghi, io davvero non voglio ergermi qui a interprete od esegeta di quello che il Governo intende fare nelle prossime settimane o mesi, ma su questo dato siamo tutti d'accordo: nessuno ha mai contrabbandato questo provvedimento come la riforma del processo civile. Ho ricordato prima qual è la rubrica, proprio perché quello che si intende fare, da qui ai prossimi mesi, è quantomeno iniziare ad affrontare un tema vero che tutti gli interventi che mi hanno preceduto, sia di maggioranza sia di minoranza, hanno individuato come un problema autentico che attanaglia la società italiana a diversi livelli, sia dal punto di vista personale del singolo cittadino sia, invece, da un punto di vista più sistemico, relativamente alla competitività e all'appetibilità che ha per un investitore, sia italiano, sia comunitario sia estero, investire nel nostro Paese. Quindi, siamo tutti d'accordo nel definire che il tema è vero e siamo altrettanto d'accordo nel dire che nessuno immagina di risolvere i problemi del processo civile italiano con questo decreto-legge, con questo provvedimento.
Ho letto un minuto fa la rubrica del provvedimento e, quindi, credo che sia sufficientemente chiaro che se questa Camera si appresta a discutere, nelle prossime settimane, della delega su una riforma complessiva ed organica del processo civile quella sarà la sede vera ed effettiva nella quale portare avanti le proposte che sono emerse anche dal breve dibattito, a cui ho assistito fino ad ora in Aula, in relazione ai miglioramenti da apportare alla nostra procedura civile e al processo civile italiano.
Oltretutto mi limito, senza alcun intento polemico, a rilevare una certa contraddittorietà in quanto affermato negli interventi che mi hanno preceduto, laddove si pensi che, da un lato, viene attribuito a questa maggioranza di decretare con urgenza su un tema che in certi momenti dell'intervento sembra non essere urgente mentre in certi altri momenti, invece, sembra che all'interno di questo provvedimento avrebbe dovuto essere riversata tutta una serie di altre misure e di provvedimenti che, peraltro, sono anche abbastanza condivisibili, perché ovviamente il tema è depurato da ogni intento e da ogni incrostazione ideologica e ciò è abbastanza evidente e sotto gli occhi di tutti.
Quindi, rilevo appunto, come ripeto, senza alcun intento polemico, che in certo qual modo vi è una certa contraddizione in chi dice che non era questo lo strumento per affrontare la riforma del processo civile. Ho già detto che non è questo lo strumento e, quindi, siamo tutti perfettamente d'accordo nel dire che non è questo lo strumento. Questa probabilmente è una misura assolutamente necessaria, ma non di certo sufficiente, e non lo dico io ma fortunatamente tra qualche settimana questa Camera, molto probabilmente in prima battuta, sarà chiamata ad avviare l'iter di una riforma più organica del processo civile.
D'altro canto, si dice che però in questo provvedimento, che peraltro non avrebbe nessun crisma di necessità e di urgenza, andava riversata un'altra serie di misure dicendo, da un lato, che non è con lo strumento della decretazione d'urgenza che si risolvono i problemi e, dall'altro, auspicando che all'interno di questa decretazione d'urgenza venissero coinvolte tutta una serie di misure di ridisegno complessivo della nostra procedura civile.
Ma, al netto di questo, molto brevemente – fermo restando che, effettivamente, è indubbio che il provvedimento sia rimasto al Senato per quasi tutto il termine concesso alle Camere, al Parlamento per la conversione, e quindi ci apprestiamo ad arrivare ad una conversione nell'imminenza della scadenza dei 60 giorni; però è anche da rilevare, per onestà, che il dibattito al Senato è stato piuttosto intenso, è stata accolta una serie di emendamenti anche da parte dell'opposizione – un aspetto che non ho sentito sottolineare, ma che, invece, a me preme e sembra abbastanza rilevante, è quello di mettere in risalto come, per la prima volta, dopo un tot di anni – non voglio scomodare la classica e ormai abusata espressione di «un ventennio» di dibattito – finalmente partiamo dalla riforma del processo e della giustizia italiana. Partiamo – lo ripeto, perché non è questo il provvedimento con il quale questa maggioranza e questo Governo immaginano di riformare e di risolvere i problemi del malato cronico endemico che è il nostro processo civile – dal processo civile, ed è già di per sé qualcosa di non ordinario, visto che il dibattito negli ultimi anni è stato ostaggio di contrapposizioni, molto spesso ideologiche o di natura non esattamente pubblicistica, quanto più privatistica, rispetto al processo penale e alle conseguenze e alle ripercussioni che il processo penale aveva su singoli procedimenti penali, perdendo completamente di vista l'interesse collettivo.
Questa volta si è ben consci del fatto che sia la procedura civile sia la procedura penale, e quindi i relativi processi e i relativi riti, in questo Paese abbiano bisogno di essere radicalmente riformati e migliorati, laddove è necessario e utile, ma si mette finalmente al centro del dibattito il processo civile, che – è stato ricordato prima di me dall'onorevole Molteni – è il vero grande malato di questo Paese. Ci viene ricordato a ogni piè sospinto che l'Italia è agli ultimi posti nell'Unione europea per competitività, perché ha un sistema civilistico che scoraggia e che spesso, in alcuni casi e in delicatissime ipotesi, sfocia addirittura in veri e propri dinieghi di giustizia. Quindi, finalmente, si parte da qui, da un problema che è avvertito da tutti, da maggioranza, minoranza, operatori del diritto e semplici cittadini ed imprese; già questo credo che sia un punto piuttosto dirimente, piuttosto rilevante.
Dopodiché, volevo rapidamente concentrarmi su due aspetti: il primo è quello della paventata privatizzazione del processo, soprattutto in materia di famiglia, in materia di separazione, scioglimento degli effetti civili del matrimonio. Ora, non è necessario essere operatori del diritto, magistrati, avvocati, per sapere che già oggi, in qualche modo, con il massimo rispetto della delicatezza del tema del diritto di famiglia, assistiamo – ripeto, non è necessario averlo vissuto, ahimè, in prima persona, come parte in causa oppure come professionista del diritto – al fatto che, nella sostanza, l'omologa del tribunale, io dico correttamente, lascia il massimo spazio e la massima libertà all'autonomia contrattuale delle parti. Quindi, davvero, faccio fatica a credere che chi abbia avuto a che fare o abbia a che fare professionalmente con quelli che sono oggi il rito e le modalità del processo per raggiungere una separazione consensuale dei coniugi possa parlare di privatizzazione del diritto. Inviterei tutti a riportare il tema e il dibattito all'interno di quella che è la realtà dei fatti, che possiamo sperimentare tutti, quotidianamente, sia se siamo professionisti nell'ambito sia se, semplicemente, abbiamo avuto – purtroppo, dico io – la necessità di avvalerci di questi istituti.
Il secondo punto che vorrei brevemente toccare è relativo al protagonismo della classe forense rispetto a questo provvedimento, che, ripeto, non è assolutamente una riforma del processo civile, ma che è un primo passo, a cui ne seguiranno, poi, una serie di altri, per arrivare, da un lato, come prerequisito, allo smaltimento dell'arretrato e all'introduzione di modalità di risoluzione stragiudiziale delle controversie, e poi, in seguito, al miglioramento e all'efficientamento delle procedure dei riti ordinari.
Anche su questo sono stati versati fiumi di inchiostro, da anni sento dibattiti che partono dal presupposto che l'eccessivo numero degli avvocati italiani – chi parla fa parte della categoria, quindi, absit iniuria verbis, lungi da me ogni tipo di polemica nei confronti della classe a cui anch'io mi onoro di appartenere – abbia una diretta connessione con il livello di litigiosità del sistema Italia, che ricordo è superiore di una volta e mezza quello della Germania, che ha 20 milioni di abitanti in più del nostro Paese. Ormai è diventato quasi un topos letterario ricordarci che il distretto di Corte di appello di Roma ha più avvocati della Francia, insomma ci si è esercitati, nel corso di questi anni, con tutta una serie di paragoni rispetto al numero degli avvocati italiani. Finalmente, dico io, anche sulla spinta dell'avvocatura italiana, viene introdotta nel nostro ordinamento una modalità, che è quella della negoziazione assistita, per cercare di smaltire, con intenti, come spesso si dice, deflattivi, il carico dei processi italiani. Ora, anche le critiche rispetto al fatto che, probabilmente, sarà uno strumento vuoto, una scatola vuota, un provvedimento inutile, le accogliamo, come si accolgono tutte le critiche rispetto ad una nuova procedura, un nuovo strumento, che dovrà nei fatti dare prova della propria efficacia ed efficienza. A questo proposito, verrà effettuato un monitoraggio, perché non è poi così vero, come ho sentito prima, che la mediazione abbia dato, in questi anni, risultati pressoché nulli, esistono tribunali, esistono statistiche disponibili sul sito del Ministero della giustizia, che ci indicano che in certi contesti ha, e sta avendo sempre di più, una sua efficacia, un suo valore.
Questo è un'ulteriore strumento che viene introdotto, cercando, per la prima volta, di far sì che lo spropositato numero – se così vogliamo definirlo – di avvocati presenti in Italia, non diventi più semplicemente un presunto fattore di litigiosità, ma possa diventare anche un'opportunità per venire incontro all'interesse collettivo di arrivare a smaltire le controverse o a far sì che non arrivino neppure innanzi a un giudice o un tribunale. E ciò con nessuno intento di privatizzazione o di impedimento all'accesso alla giustizia, perché se questo Paese ha un problema – ne ha diversi, ne ha più di uno – rispetto all'accesso alla giustizia, è l'iper-possibilità di accedervi. Quindi, ho sentito nel dibattito in Commissione le ipotesi di privatizzazione della giustizia, con diniego della possibilità per i cittadini; direi che non è esattamente questo il tema che devono affrontare, e che affrontano quotidianamente, gli operatori del diritto in questo Paese. Ci apprestiamo ad introdurre la negoziazione assistita e, dopo qualche anno dall'introduzione nell'ordinamento, potremo verificare se ha dato i suoi frutti e se quantomeno è stata lungimirante l'idea di utilizzare la competenza riconosciuta a tutti gli avvocati italiani per riuscire a evitare che una serie di controversie arrivino, e debbano essere trattate, innanzi ad un tribunale.
È chiaro che ci sono strumenti ulteriori per rendere più efficace questo nuovo strumento che ci apprestiamo ad introdurre nell'ordinamento e, in esito al monitoraggio, vedremo se avrà dispiegato i suoi effetti. Per esempio, una possibilità poteva essere quella di prevedere l'impossibilità per gli stessi avvocati che hanno assistito le parti durante la negoziazione assistita, di patrocinare poi nell'eventuale seguente giudizio, era una delle possibilità, vedremo quale rilevanza effettiva avrà la negoziazione assistita nell'ordinamento italiano e poi se ci saranno da apportare correttivi, ci sarà tutto il tempo e il modo per farlo nel prossimo futuro.
Mi avvio alla conclusione, Presidente, ribadendo il fatto che nessuno ha mai, neanche lontanamente, immaginato che questa sia la panacea di tutti i mali, o che sia la riforma con la «R» maiuscola del processo civile, ma che sia semplicemente un primo passaggio e che, comunque, in ogni caso, non ne va assolutamente sminuita la portata, perché come ha ricordato bene prima il relatore Vazio, ci sono già degli effetti, che ci auguriamo siano notevoli, rilevanti e sensibili, che possono portare ad un maggiore efficacia delle procedure esecutive, alla disincentivazione delle liti rispetto alle misure relative al tasso moratorio o alle spese di lite in caso di soccombenza.
Già oggi e con questo provvedimento, nel momento in cui entrerà in vigore, si dispiegheranno una serie di effetti reali e concreti sulla vita di questo Paese e nel pianeta giustizia civile.
Dopodiché – concludo, Presidente –, io credo che questo sia un primo passaggio, che è appunto necessario e non sufficiente per la riforma del processo civile. E, vista anche tutta la serie di spunti che sono emersi già solo questa mattina da questa breve discussione, credo che siamo davvero chiamati tutti insieme a collaborare affinché questo Parlamento finalmente possa chiudere decenni di dibattiti e contrapposizioni inutili e finalmente possa parlare dei problemi veri del Paese, a patto che lasciamo da parte il benaltrismo sterile di chi dice che ci voleva sempre ben altro o che lo strumento utilizzato non è quello corretto. Hic Rhodus, hic salta, si direbbe.
Fra qualche settimana arriverà in Aula la riforma del processo civile, la riforma organica. In quell'occasione nessuno avrà più alibi. Tutti potremmo continuare in maniera davvero scevra dalle ideologie, perché c’è ben poco di ideologico nel cercare di rimettere in moto ed in sesto la macchina della giustizia se non solo con l'ideologia del coltivare e del perseguire l'interesse pubblico. Quindi, questo è sicuramente un primo passaggio; ce ne saranno altri. Quella sarà la vera riforma che viene resa possibile anche da provvedimenti come questo decreto-legge e, a quel punto, vedremo se davvero una parte di questo Parlamento continuerà a rifugiarsi nel benaltrismo o finalmente accetterà di aprire un dibattito, che ha già coinvolto in queste settimane e in questi mesi gli operatori del diritto, la magistratura, l'avvocatura. Vedremo se troverà riscontro e troverà eco anche nelle Aule di questa Camera.
La maggioranza c’è, senza promettere e senza vendere nulla, ma con l'intento semplicemente di uscire da decenni di inutile contrapposizione, per arrivare alla risoluzione dei problemi concreti di questo Paese.
Data:
Lunedì, 3 Novembre, 2014
Nome:
Lorenzo Guerini